Il paesaggio, il ritratto, la natura morta, il bianco e nero. L’attività fotografica di Augusto Cantamessa fu tanto variegata quanto dimenticata. È tempo di una sua rivalutazione
Amava raccontarsi come un uomo nato in bianco e nero, nella Torino severa e austera del primo Dopoguerra. Questo rigore gli ha permesso però di raccontare un mondo dominato dalle infinite sfumature di grigio, attraverso il linguaggio della fotografia, che lo appassiona fin da adolescente. Parliamo di Augusto Cantamessa (Torino, 1927 – Bibiana, 2018), uno dei più interessanti e misconosciuti fotografi italiani, che dopo anni di oblio sta cominciando ad avere l’attenzione che avrebbe sempre meritato.
I primi passi di Augusto Cantamessa
Augusto nasce a Torino, ma da giovanissimo si trasferisce con la famiglia a Campiglione Fenile, dove comincia ad interessarsi alla fotografia e frequenta la Società Fotografica Subalpina, che lo porta a dialogare con i grandi maestri della fotografia locale. A diciotto anni dedica il suo primo scatto alla fidanzata Felicita, destinata a diventare sua moglie. In seguito al trasferimento nel capoluogo piemontese e dopo la sua nomina a dirigente industriale, Cantamessa prosegue la sua passione da autodidatta, in contatto con l’Associazione Fotografica Italiana (AFI) e il Centro Culturale FIAT.
Il paesaggio negli scatti di Augusto Cantamessa
Nel tempo il suo stile si affina, grazie ad uno studio approfondito della storia dell’arte, per interpretare con una vocazione tendente all’essenzialità soggetti differenti. Primo tra tutti il paesaggio, protagonista di alcuni scatti di particolare intensità poetica come Breve Orizzonte (1955), Panni a Burano (1972) o Risaie d’autunno (1975), dove “cielo e terra divengono allo stesso tempo, figure astratte dell’inquadratura ed entità dello spazio emozionale”, ha scritto Bruna Genovesio.
I riconoscimenti e le mostre internazionali
Nel 1957 riceve l’onorificenza di Artiste de la FIAP (AFIAP) che la Federation Internationale de l’Art Photographique gli assegna per i suoi meriti fotografici, anche grazie ai riconoscimenti conseguiti a livello internazionale. Nonostante i pressanti impegni professionali, negli anni torinesi mantiene la passione per la fotografia, che lo porta a cimentarsi anche su altri temi, come la natura morta e il ritratto. “Cantamessa è stato testimone del suo tempo, un tempo che non ha voluto andasse disperso” aggiunge Genovesio, “nella frenesia di una società che cambia umore e costumi troppo frettolosamente. Ed è così che il gioco dei bianchi e dei neri, delle luci e delle ombre, la relazione prospettica tra oggetti e personaggi che si ritrovano nelle sue fotografie diventano un mezzo espressivo per “sussurrare” la storia di luoghi, di persone e realtà di vita”. Le opere di Cantamessa ottengono diversi riconoscimenti e vengono esposte anche all’estero, dal Nasher Museum of Art at Duke University – Durham North Carolina (USA) al Musée de l’Elysée di Losanna. Nel 2018 la FIAF gli ha attribuito la massima onorificenza nazionale di Maestro della Fotografia Italiana (MFI), accanto a grandi autori italiani come Mario De Biasi, Pier Giorgio Branzi, Franco Fontana e Fulvio Roiter. Le opere di Cantamessa, promosse dalla galleria Podbielski Contemporary, sono visibili sul sito dell’archivio dell’artista.
Ludovico Pratesi
Articolo pubblicato su Artribune il 12 maggio 2024